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A scuola, serve ancora l’ora di musica?

È la domanda che ha alimentato una recente discussione del social network e ha stimolato alcune mie riflessioni.
Io ricordo con terrore i maldestri tentativi di maneggiare il flauto dolce, impostomi alle scuole medie da un’insegnante che nella memoria mi appare ottuagenaria.
Me la cavavo meglio col canto in quanto, essendo più piccolo di un anno rispetto ai compagni, avevo ancora la voce bianca e in 3° media fregavo i cavernosi vocalizzi dei miei colleghi, in piena pubertà.
Penso però che non sia molto utile l’insegnamento della tecnica musicale (il solfeggio, la pratica rudimentale di uno strumento o l’imbarazzante esercizio della voce) che è specialistica e richiede una vera e propria vocazione.
Trovo invece che sarebbe utilissima un’introduzione alla conoscenza dei diversi strumenti musicali, dei loro suoni e di cosa possono evocare, ai diversi generi musicali e alla storia della musica come espressione artistica dei tempi.
Questo vale dalla scuola media in su e potrebbe trovare integrazione con la storia dell’arte, dove ne è previsto l’insegnamento, ed essere complemento di leggerezza allo studio della storia, della letteratura, della filosofia, per completare la descrizione dello sviluppo della civiltà che ha prodotto la realtà in cui viviamo.
Sostengo quindi che il piffero non serva a un piffero ma educare alla musica come espressione artistica e non come prodotto commerciale, sì.
Per alimentare la discussione, pubblico di seguito “Note di musica afro-americana“, una ricerca che, qualche anno fa, il mio figlio minore inserì nella sua “tesina” di licenza media.
Beh! Una mano gli fu data e la versione finale fu opportunamente ridotta e “asciugata”.
Ma resta quello che avrei sempre voluto mi fosse stato insegnato sul ‘900, oltre alle guerre mondiali, al dadaismo, alla letteratura neorealista.
Magari accompagnato da qualche ascolto guidato (pure a fedeltà mediocre).

Francesco Sorino

FAI CLICK E LEGGI IL DOCUMENTO IN PDF

È la domanda che ha alimentato una recente discussione del social network e ha stimolato alcune mie riflessioni.
Io ricordo con terrore i maldestri tentativi di maneggiare il flauto dolce, impostomi alle scuole medie da un’insegnante che nella memoria mi appare ottuagenaria.
Me la cavavo meglio col canto in quanto, essendo più piccolo di un anno rispetto ai compagni, avevo ancora la voce bianca e in 3° media fregavo i cavernosi vocalizzi dei miei colleghi, in piena pubertà.
Penso però che non sia molto utile l’insegnamento della tecnica musicale (il solfeggio, la pratica rudimentale di uno strumento o l’imbarazzante esercizio della voce) che è specialistica e richiede una vera e propria vocazione.
Trovo invece che sarebbe utilissima un’introduzione alla conoscenza dei diversi strumenti musicali, dei loro suoni e di cosa possono evocare, ai diversi generi musicali e alla storia della musica come espressione artistica dei tempi.
Questo vale dalla scuola media in su e potrebbe trovare integrazione con la storia dell’arte, dove ne è previsto l’insegnamento, ed essere complemento di leggerezza allo studio della storia, della letteratura, della filosofia, per completare la descrizione dello sviluppo della civiltà che ha prodotto la realtà in cui viviamo.
Sostengo quindi che il piffero non serva a un piffero ma educare alla musica come espressione artistica e non come prodotto commerciale, sì.
Per alimentare la discussione, pubblico di seguito “Note di musica afro-americana“, una ricerca che, qualche anno fa, il mio figlio minore inserì nella sua “tesina” di licenza media.
Beh! Una mano gli fu data e la versione finale fu opportunamente ridotta e “asciugata”.
Ma resta quello che avrei sempre voluto mi fosse stato insegnato sul ‘900, oltre alle guerre mondiali, al dadaismo, alla letteratura neorealista.
Magari accompagnato da qualche ascolto guidato (pure a fedeltà mediocre).

Francesco Sorino

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È la domanda che ha alimentato una recente discussione del social network e ha stimolato alcune mie riflessioni.
Io ricordo con terrore i maldestri tentativi di maneggiare il flauto dolce, impostomi alle scuole medie da un’insegnante che nella memoria mi appare ottuagenaria.
Me la cavavo meglio col canto in quanto, essendo più piccolo di un anno rispetto ai compagni, avevo ancora la voce bianca e in 3° media fregavo i cavernosi vocalizzi dei miei colleghi, in piena pubertà.
Penso però che non sia molto utile l’insegnamento della tecnica musicale (il solfeggio, la pratica rudimentale di uno strumento o l’imbarazzante esercizio della voce) che è specialistica e richiede una vera e propria vocazione.
Trovo invece che sarebbe utilissima un’introduzione alla conoscenza dei diversi strumenti musicali, dei loro suoni e di cosa possono evocare, ai diversi generi musicali e alla storia della musica come espressione artistica dei tempi.
Questo vale dalla scuola media in su e potrebbe trovare integrazione con la storia dell’arte, dove ne è previsto l’insegnamento, ed essere complemento di leggerezza allo studio della storia, della letteratura, della filosofia, per completare la descrizione dello sviluppo della civiltà che ha prodotto la realtà in cui viviamo.
Sostengo quindi che il piffero non serva a un piffero ma educare alla musica come espressione artistica e non come prodotto commerciale, sì.
Per alimentare la discussione, pubblico di seguito “Note di musica afro-americana“, una ricerca che, qualche anno fa, il mio figlio minore inserì nella sua “tesina” di licenza media.
Beh! Una mano gli fu data e la versione finale fu opportunamente ridotta e “asciugata”.
Ma resta quello che avrei sempre voluto mi fosse stato insegnato sul ‘900, oltre alle guerre mondiali, al dadaismo, alla letteratura neorealista.
Magari accompagnato da qualche ascolto guidato (pure a fedeltà mediocre).

Francesco Sorino

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